Cessate il fuoco
L’ISRT propone a Firenze la Mostra di manifesti Cessate il fuoco. Descrivere la guerra, sognare la pace, realizzata dal Centro Studi Movimenti di Parma. Scarica la scheda illustrativa e la locandina.
La mostra sarà esposta dal 7 novembre al 6 dicembre 2013, in Palazzo Medici-Riccardi, dal giovedì alla domenica, dalle 10.00 alle 13.00 e dalla 15.00 alle 18.00. L’ingresso è gratuito. Visite guidate per gruppi organizzati, tutti i giorni su appuntamento, contattando l’Isrt al numero 055-284296 oppure scrivendo a: isrt@istoresistenzatoscana.it.
I manifesti
I manifesti sono una fonte storica straordinaria perché raccontano numerosi aspetti della comunicazione politica del secolo scorso. In primo luogo, ovviamente, raccontano una forma di comunicazione di massa ampiamente utilizzata prima dell’avvento della televisione, di internet e delle nuove tecnologie informatiche. In secondo luogo, narrano l’immaginario di coloro che quei manifesti hanno progettato e diffuso, e quello di coloro ai quali sono stati indirizzati. Una fonte documentaria, dunque, preziosissima, che solo negli ultimi anni gli studiosi hanno iniziato a valorizzare. Preziosa anche perché riesce a raccogliere interesse ben oltre il ristretto mondo accademico e della ricerca, in ampi settori di giovani e meno giovani affascinati dalla storia. È forse proprio il fascino della combinazione tra illustrazioni, segni, colori, metafore, riferimenti linguistici, che rende più attraente la curiosità verso il passato.
La mostra
Utilizzando dunque i manifesti, nella mostra Cessate il fuoco. Descrivere la guerra sognare la pace, il Centro studi movimenti ha sviluppato una ricerca sull’iconografia utilizzata dai movimenti contro le guerre nei manifesti del Novecento. Nel corso del secolo scorso, infatti, come altri movimenti di protesta, anche quello pacifista ha utilizzato abbondantemente – e continua a utilizzare – i manifesti come mezzi di diffusione delle proprie idee.
Tra la vastissima produzione iconografica contro la guerra, nella mostra sono esposti alcuni manifesti prodotti in Italia nell’arco di un sessantennio, dagli anni dell’immediato dopoguerra, quando dilagava tra la popolazione la paura di un conflitto nucleare tra le due potenze Usa e Urss, ad anni più recenti, segnati dal susseguirsi di guerre regionali più o meno lontane, dal Medio Oriente ai Balcani, ma dalla dimensione internazionale, tanto per gli stati coinvolti quanto per le questioni sollevate.
La scelta dei manifesti ha privilegiato il loro linguaggio, vale a dire la loro capacità di sintesi tra testo e immagine, tra slogan e rappresentazioni figurative, tra parole d’ordine e segni grafici. L’ordine della mostra, dunque, non è cronologico, né rispetto alla documentazione selezionata né rispetto ai conflitti cui essa si riferisce, bensì tiene conto dei differenti registri grafici con cui i movimenti pacifisti hanno raccontato e contrastato la guerra. Al di là dei caratteri specifici e dei contesti di ciascuna mobilitazione, infatti, il linguaggio di questi manifesti sembra il medesimo. Un linguaggio che affonda le proprie radici tanto in simboli e immagini della cultura religiosa, e particolarmente di quella giudaico-cristiana, quanto nelle forme espressive di alcune delle più importanti correnti artistiche che segnarono il Novecento.
Emergono in tal modo alcuni principali registri con i quali, negli anni, si è combattuta l’idea di conflitto armato: la guerra come incubo di cui liberarsi, i volti disperati delle sue vittime, la necessità di organizzare lotte per fermarla, le visioni serene di un mondo finalmente pacificato e i simboli di quella pace, segni di un altro mondo possibile. Si pensi, ad esempio, ad alcune rappresentazioni della guerra: quella di un mostro feroce, di una morte sanguinaria, di un’arma distruttrice o di ruderi fumanti. Si pensi alle immagini di vittime che ad essa sono collegate come quella del soldato morto, mutilato, ferito o disperato, quella della vedova, dell’orfano o della madre disperata, quella infine della disumanizzazione morale e fisica dei singoli combattenti. Si pensi, infine, cambiando punto di vista, alle metafore con le quali è stata illustrata la pace: la colomba, l’arcobaleno, la fratellanza, la serenità, ma anche la mobilitazione determinata di singoli e popoli.
La mostra si articola in 36 pannelli (29 delle dimensioni di 70x100 e 7 delle dimensioni di 50x100), suddivisi in cinque sezioni (Incubi, Vittime, Lotte, Visioni e Segni), ognuna delle quali si apre con un pannello introduttivo che guida alla comprensione dei manifesti esposti.
I manifesti provengono dai seguenti archivi: Centro studi movimenti – Parma; Fondazione Archivio del Manifesto Sociale – Roma; Istituto Gramsci Emilia-Romagna – Bologna; Casa per la pace “La Filanda” – Casalecchio di Reno (Bo)
Il Centro studi movimenti
Accanto all’attività di conservazione documentaria, ai laboratori didattici e alle iniziative pubbliche, da diversi anni il Centro studi movimenti svolge ricerca sulla storia del Novecento e sulle sue rappresentazioni.
Dal 2002, sulla base di uno studio dell’iconografia dei manifesti antifascisti degli anni settanta, ha promosso una mostra intitolata La resistenza contesa, allestita in numerose città (tra le quali Roma, Milano, Padova, Modena, Macerata, Pescara, consultabile sul sito www.csmovimenti.org), e un volume omonimo che raccoglie saggi di storici, storici dell’arte e filosofi, edito da Punto Rosso (La resistenza contesa. Memoria e rappresentazione dell’antifascismo nei manifesti politici degli anni settanta, a cura di Ilaria La Fata e Diego Melegari, Milano 2005). Successivamente, allargando il campo d’indagine, il Centro ha collaborato con altri enti per approfondire il tema della comunicazione politica attraverso questo medium così efficace nella storia del Novecento. Vale la pena ricordare almeno il seminario organizzato insieme al Dipartimento di studi politici e sociali dell’ateneo parmense nel 2004 e il numero monografico della rivista “Zapruder” Muro contro muro. Grafica e comunicazione nei manifesti politici (a cura di William Gambetta, n. 17, settembre-ottobre 2008).
Margherita Becchetti, William Gambetta e Ilaria La Fata, curatori della mostra, sono dottori di ricerca in storia all’Università di Parma, e svolgono attività di ricerca presso il Centro studi movimenti.