“Il 2 giugno non saranno elezioni: sarà la riconciliazione di un popolo. Attenderanno, alle porte dei seggi elettorali, ancor prima che arrivino gli elettori, lunghissime file di ombre: i nostri morti, lontani e recenti; i giovinetti partigiani caduti alla macchia, i vecchi che non parlarono sotto la tortura, le donne e i bambini spariti nelle nebbie della deportazione. Chiederanno la pace: e l’avranno. La pace con giustizia: la repubblica.”
Questo si leggeva su «Il Ponte» nel giugno 1946. Per la prima volta nella storia d’Italia, anche le donne si sarebbero recate alle urne e, nell’occasione, avrebbero scelto l’assetto istituzionale dello Stato ed eletto i 556 deputati all’Assemblea Costituente. Fra questi, il 25 giugno 1946, anche ventuno deputate fecero il loro ingresso nell’Aula di Montecitorio: nove democratico-cristiane, nove comuniste, due socialiste e una appartenente al Fronte dell’Uomo qualunque. Mai, prima di allora, era avvenuta una cosa simile.
Il diritto di eleggere ed essere eletti, senza distinzioni di genere e di censo, e senza pregiudizi razziali, fu una delle tante, innegabili conquiste della lotta di Liberazione dal nazifascismo. Una vicenda lunga e drammatica, durante la quale anche le donne ricoprirono un ruolo tutt’altro che irrilevante; un ruolo, negli anni a venire, raccontato però non di rado «in modo semplificato e condizionato da potenti stereotipi», come ha scritto Francesca Cavarocchi, docente di storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Firenze e curatrice del volume Resistenze, femminile plurale. Storie di donne in Toscana (Regione Toscana-Consiglio Regionale, 2025). Un attivismo, dunque, ai più poco noto, ma non per questo assente. Lo dimostrano i profili raccolti in questo testo – cinquanta schede biografiche, cinque per ogni provincia toscana –, frutto del progetto di ricerca sulla partecipazione femminile alla Resistenza promosso da Unione Province Toscane in collaborazione col Consiglio Regionale della Toscana-Commissione Pari opportunità, l’Ateneo fiorentino e la rete degli Istituti toscani della Resistenza e dell’età contemporanea, per l’occasione coordinati da Ilaria Cansella, storica e direttrice dell’Istituto grossetano. Pagina dopo pagina, il lettore entra idealmente in contatto con le vite e le storie, anche tragiche, di queste donne straordinarie – figlie, sorelle, madri, mogli –, con le loro complesse esistenze, non tutte politicamente segnate, ma comunque accomunate dal medesimo desiderio di pace e di libertà in una lotta che le vide protagoniste e non semplici comprimarie. Di certo il loro impegno non fu meno determinante di quello dei “colleghi” uomini e, al pari di questi ultimi, ne pagarono le drammatiche conseguenze: umiliazioni, percosse, sevizie, deportazione, morte. Tra le tante storie si richiama, ad esempio, quella di Walma Montemaggi che nell’empolese, dopo l’8 settembre 1943, assieme al fratello si dedicò al soccorso – viveri, indumenti, rifugi – dei militari sbandati e dei giovani renitenti alla leva. Lo stesso fecero, tra il senese e la provincia fiorentina, Lina Tozzi, vicina alle formazioni garibaldine, ed Eleonora Benveduti Turziani, del Partito d’Azione. Alcune giovani si impegnarono, con altrettanti rischi e responsabilità, negli aiuti ai perseguitati di origine ebraica, mentre altre operarono principalmente come staffette: le sorelle Liliana e Lina Cecchi, attive nel pistoiese coi Gruppi di difesa della donna, oppure Maria Luigia Guaita, nelle file azioniste a Firenze e in altre località della Toscana. Invitiamo a leggere anche le schede di quelle giovani che, pur nate al di fuori dei confini italiani, non si sottrassero alla lotta per la causa della libertà del Paese che le aveva accolte. Virginia Cerquetti era nata in Argentina da immigrati italiani e fu al fianco dei promotori della Banda Arancio Montauto, operante nella Maremma grossetana e guidata dal marito Santi Arancio. Gabrielle-Marie de Jacquier de Rosée, di origine belghe, operò nell’aretino, a supporto della 23 Brigata Garibaldi “Pio Borri”, rimanendo uccisa dalle raffiche delle mitragliatrici tedesche nel luglio 1944, durante una ricognizione delle postazioni germaniche dislocate sopra Castiglion Fiorentino.
Sono ovviamente degne di nota, infine, le schede dedicate ad alcune delle 19 destinatarie del conferimento della Medaglia d’oro al Valor Militare: Anna Maria Enriques Agnoletti, Maria Assunta Lorenzoni, Irma Marchiani, Norma Parenti, Modesta Rossi – uccisa dai nazifascisti assieme al figlio più piccolo, di appena 13 mesi – e Vera Vassalle, agente dell’O.S.S. (Office of Strategic Service) statunitense ed unica decorata a ricevere l’onorificenza in vita.
Negli ultimi anni l’attivismo femminile durante la lotta di Liberazione sta giustamente riscontrando un’attenzione crescente, non solo in abito storiografico, anche per rendere a tali esperienze il pieno, meritato riconoscimento, Le donne furono protagoniste della lotta antifascista e della Resistenza, così come lo saranno poi nella storia dell’Italia repubblicana sia da semplici cittadine che ricoprendo ruoli istituzionali nelle amministrazioni comunali, provinciali, nelle Regioni e in Parlamento. Molte storie, certamente, restano da approfondire e tante altre, purtroppo, rimarranno ignote. La ricerca, condotta con rigore scientifico, è l’occasione per colmare questi vuoti.
Resistenze, femminile plurale. Storie di donne in Toscana, a cura di Francesca Cavarocchi, Firenze, Consiglio regionale della Toscana, 2025
L’opera è consultabile integralmente on line al seguente link: https://www.consiglio.regione.toscana.it/upload/CPO/pubblicazioni/pub524.pdf
Mirco Bianchi