La celebrazione del 25 Aprile dopo 75 anni dalla Liberazione del Paese deve cogliere nella memoria della nostra rinascita, il nostro secondo Risorgimento, la volontà di guardare avanti.
Il 25 aprile del 1945 spinse, infatti, subito i protagonisti della vittoriosa guerra di liberazione, a guardare avanti, alle scadenze drammatiche di un paese occupato e governato dagli eserciti alleati liberatori, ed ex nemici, che doveva diventare indipendente e sovrano: dovette legittimare democraticamente con il voto gli enti locali, eleggere la costituente, redigere la Carta fondamentale, affrontare la questione istituzionale, ricostruire un paese distrutto, passare dalla unità contro l’invasore alla unità della rinascita.
Era una sfida che fu vinta e che oggi noi celebriamo ricordando che il 25 aprile 1945 fu una liberazione ma anche la volontà di affrontare le sfide che aveva di fronte.
Il clima del 25 aprile di quest’anno richiama, in modo del tutto peculiare, la spinta a guardare in avanti che viene da quel lontano 25 aprile, lo è per l’emergenza mondiale che stiamo vivendo e che pone delle sfide non minori di quelle di allora.
Spesso nella celebrazione della liberazione passa in secondo piano, comprensibilmente, la dimensione geopolitica della rinascita di allora che accompagnò tutto il dramma italiano: nel 1941 Roosevelt e Churchill posero le premesse dell’ONU firmando la carta atlantica; nel 1942 il Regno Unito pubblicò il rapporto Beveridge, che fu la carta dello “stato sociale” che sarebbe nato pochi anni dopo, in gran parte dei paesi europei; nel 1944 la conferenza di Bretton Woods che realizzò l’architettura finanziaria che avrebbe assicurato fino agli anni ’70 il periodo nel quale diminuirono le differenze sociali con lo sviluppo del benessere, della coesione sociale e della libertà che segnò quel periodo che gli storici hanno poi definito “il trentennio d’oro” .
Settantacinque anni dopo si impone come allora, e più di allora, dopo un evento fors’anche ancor più “mondiale” di quanto non fosse stata la seconda guerra mondiale, la dimensione geopolitica che ci impone di guardare con urgenza ai rapporti politici, economici e sociali a dimensioni ben superiori a quelli dei drammi che ovunque stiamo vivendo all’interno di ogni singolo paese.
È il motivo per cui il 25 aprile, proprio nella memoria dei martiri di allora, ci pone di fronte le vittime di oggi anch’esse da onorare come vittime di una nuova violenza fatta dell’imprevidenza che ha sacrificato la doverosa lungimiranza ad una cultura mercatista che ha ritenuto di risolvere tutti i problemi nella competizione finanziaria dei mercati.
Sono motivi che ci spingono a guardare al mondo, divenuto sempre più piccolo, come alla nostra nuova comunità dove operare in sede europea, non soltanto per aspettarsi aiuti pur legittimi, ma soprattutto per renderci conto che non possiamo esimerci, perché è nostro inderogabile dovere, dall’essere protagonisti della sua più completa integrazione politica.
Allora il primo passo da fare, il più urgente, è di non ridursi a considerare l’Europa come un interlocutore per i nostri interessi nazionali, bensì come protagonista del nostro destino comune, la cui capacità non dobbiamo giudicarla, ma realizzarla, nella consapevolezza che la funzione di equilibrio geopolitico che l’Europa potrebbe svolgere può segnare non soltanto il futuro del nostro paese ma del mondo intero. Perciò le vistose e gravi carenze attuali dell’integrazione europea non possono costituire elementi di giudizio, bensì stimoli di impegno a realizzare un’integrazione europea indispensabile per un futuro di pace, di salvaguardia del pianeta, di recupero di un percorso solidale che possa segnare l’avvio di un futuro all’altezza delle sfide che ci stanno di fronte.
Un anno dopo la liberazione era insediata a Parigi la conferenza della pace, e per l’Italia iniziava il difficile percorso di inserirsi nel novero delle potenze, con la difficoltà allora, di essere il paese che aveva scatenato la guerra e nella quale molti dei vincitori avevano contato i morti uccisi dai nostri soldati. Ci volle determinazione e serietà per risalire la china dalla umiliazione di allora. Gli uomini che avevano contribuito allora alla liberazione del paese furono capaci di superare divergenze, rivalità e contrasti, profondissimi, e risalirono la china. Per questo le vicende di allora sono in grado di indicarci oggi la strada per il futuro.
Giuseppe Matulli
Presidente ISRT