Costituzione, le modifiche che mettono in gioco la democrazia

Intervista al professor Ugo De Siervo, costituzionalista e presidente emerito della Corte costituzionale

 

La Costituzione è un bene comune prezioso per tutti che va difeso. È antifascista perché fondata sui principi e i valori delle moderne democrazie, per questo è stata un punto di riferimento negli anni delle aberrazioni del terrorismo. Oggi è necessario respingere il tentativo di spostare gli equilibri sapienti tra i diversi poteri che vengono stabiliti dalla nostra Carta costituzionale, perché qui davvero è in gioco una caratteristica importante della nostra democrazia. In questa intervista il professor Ugo De Siervo, costituzionalista e presidente emerito della Corte costituzionale, mette in evidenza le sue preoccupazioni e invita a “una necessaria vigilanza”.   

Una Costituzione, la nostra, scritta a partire dalla Resistenza al nazifascismo che ha aperto una pagina di storia nuova per tutti, fondata sul bene partecipato della democrazia. Perché ogni persona deve considerare la Carta costituzionale un patrimonio da difendere?

Il nostro Paese, per la prima volta, si è dovuto dare una Costituzione democratica in un contesto straordinariamente difficile. L’unica Costituzione che aveva avuto il Regno d’Italia era il vecchio Statuto Albertino “concesso” nel 1848 dal Sovrano ai “Nostri amatissimi sudditi” in un contesto arcaico consisteva in una Carta molto moderata, poco garantista, con una democrazia solo parziale (il voto per la Camera per decenni è stato riservato a modestissime minoranze, da cui comunque le donne erano escluse) e molti poteri residuati alla Corona. Poi sul vecchio testo si erano saldate le istituzioni fasciste, mentre diritti e libertà erano stati largamente negati. Infine, il sistema istituzionale era stato del tutto disarticolato con la eliminazione delle istituzioni fasciste ad opera del Governo Badoglio.

Ormai il nostro paese era divenuto un campo di battaglia, dopo gli armistizi del 1943 amministrato dal Governo militare alleato e con un riconoscimento solo parziale del ruolo dei partiti antifascisti.

Il rischio era che non si trovasse la forza di un progetto comune, che riuscisse a far superare le troppe divaricazioni esistenti (antifascisti e filofascisti, progressisti e conservatori, laicisti e cattolici, meridionali e settentrionali, agricoltori ed operai, uomini e donne, ecc.). 

Il lento e difficile riemergere dei partiti politici espressivi del Comitato di Liberazione Nazionale ha permesso di progettare una Costituzione democratica analoga a quella di altri paesi europei, peraltro con tutte le difficoltà tipiche di una fase di acutissima tensione politica ed in presenza di sofferenze e lutti gravissimi.  Eppure, dopo tante polemiche ed innumerevoli dibattiti, si è arrivati all’adozione della Costituzione con una straordinaria maggioranza di consensi (circa il 90%!) su un buon testo, largamente condiviso.

Il merito di tutto ciò è da attribuire, oltre che alla saggezza dei vertici dei diversi partiti, alla qualità di molti Costituenti e alla consapevolezza dei grandi valori individuali e collettivi sottostanti alla lotta di resistenza (militare e civile) e pure alla riscoperta dell’importanza della partecipazione democratica e sociale nelle aree già liberate.   Durante i lavori costituenti si notò anche che dinanzi ad aberrazioni gravissime ci si era naturalmente trovati d’accordo nella reazione comune al totalitarismo.

Alla Costituente si è anche discusso se fosse sufficiente deliberare una Costituzione “afascista” e cioè solo depurata da tutte le caratteristiche del regime appena finito o, invece, “antifascista” e cioè fondata sui principi e sui valori delle moderne democrazie (primato del diritto, diritti inviolabili e doveri inderogabili di solidarietà, eguaglianza, partecipazione effettiva, responsabilità): la scelta nettissima è stata per la seconda ipotesi.

Tutto ciò spiega il motivo per cui la Costituzione rappresenta un patrimonio prezioso, quindi da ben conoscere ed eventualmente da difendere.

La nostra Carta è stata un punto di riferimento necessario e prezioso anche nelle fasi storiche più difficili del nostro Paese, basta pensare agli anni del terrorismo. Negli ultimi due anni tanti giuristi, lei tra i primi, sono intervenuti per difenderla. Critiche severe hanno riguardato la riforma del premierato così come è stata proposta dal Governo Meloni. Le contraddizioni che avete denunciato sono numerose. Avete parlato di disegno di legge inaccettabile per la sua inadeguatezza tecnica ma anche per il contrasto con i principi che reggono le basi della nostra democrazia. Perché?  

Malgrado gli anni difficili del dopoguerra e la “guerra fredda”, la nostra Costituzione si è largamente concretizzata (seppur lentamente e fra tante polemiche) in un buon sistema di democrazia sociale, rivelandosi come un efficace modello democratico. 

Anche nel contrasto alle aberrazioni terroristiche la Costituzione ha contribuito alla resistenza democratica, senza legislazioni emergenziali o deroghe alle libertà.

Occorre però vigilare (e lo si è fatto) sui ricorrenti tentativi di alterare in modo inefficace o errato  il sistema costituzionale, nella asserita ricerca di presunti grandi miglioramenti: ancora di recente il Governo Meloni sta cercando di   modificare in profondo il nostro sistema democratico mediante confuse proposte di rafforzare molto i poteri del Capo del Governo, a scapito dei poteri del Presidente della Repubblica, riducendo i momenti elettorali e gli stessi poteri dei partiti politici.

Le recenti preoccupanti iniziative del Presidente degli Stati Uniti (che pure è al vertice di un sistema costituzionale più limitato di quello che sarebbe il “premierato Meloni”) dovrebbero però aver ricordato a tutti i pericoli dei sistemi costituzionali troppo “concentrati” sui poteri di un organo.

Lei è il primo firmatario dell’appello “per una sicurezza democratica” in cui, insieme a circa 240 docenti delle Università italiane, parlate senza mezzi termini di forzature istituzionali di particolare gravità e di gravissimi profili di incostituzionalità. È necessario spiegare cosa sta accadendo ai cittadini e perché è giusto preoccuparsi.

La necessaria vigilanza sulla nostra Costituzione ha di recente spinto molti giuristi a diffondere un “Appello per una sicurezza democratica” per denunciare una iniziativa davvero molto discutibile del Governo Meloni, consistente nell’adozione di un imponente decreto-legge (39 analitici articoli, che occupano ben 15 pagine a stampa) che riproduce larga parte di un discusso disegno di legge sulla “sicurezza democratica”, da tempo discusso animatamente dal Parlamento. Averlo adottato come decreto-legge gli ha dato immediata efficacia giuridica e i poteri del Parlamento sono stati ridotti al suo successivo esame, da portare necessariamente a termine entro 60 giorni, salva altrimenti la perdita di efficacia della disciplina fino dal suo inizio.

Non solo sono molto discutibili varie di queste disposizioni, che puniscono penalmente diversi comportamenti di protesta e di lotta sociale, e accrescono vari poteri dei corpi di polizia; soprattutto appare evidente che non esiste quella eccezionale situazione di straordinaria necessità ed urgenza che sola può legittimare l’adozione di un decreto- legge.

Occorre invece assolutamente tornare al primato della legge e respingere il tentativo di spostare sul Governo il potere legislativo: qui davvero è in gioco una caratteristica importante della nostra democrazia.

Si parla di Costituzione da cambiare, ci si interroga poco sulle parti che invece non sono ancora pienamente realizzate oppure su quei principi che, in questa fase storica, sono particolarmente a rischio.

Varie sono le parti della Costituzione ancora da attuare o da migliorare: penso, ad esempio, al miglioramento delle leggi elettorali e referendarie, al sistema regionale e locale, alle funzioni del Senato, a tanti istituti sociali. Ma soprattutto occorre attuare meglio alcuni principi fondamentali, messi alla prova dalle trasformazioni intervenute che rischiano di accentuare le diseguaglianze: si consideri fenomeni come le immigrazioni, l’adempimento di alcuni doveri (fiscali, ma anche di solidarietà), gli istituti assistenziali, educativi e sanitari

Caterina Fanfani

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